Audizione protetta di minore
Come audizione protetta di minore presunta vittima di abusi si intende l’ascolto di un minore all’interno di un procedimento giudiziario, sia sotto forma di incidente probatorio richiesto nel corso delle indagini preliminari come anche in fase di acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da parte degli inquirenti.
Tale attività, propria della psicologia forense, consiste nell’ascolto diretto del minore, in struttura idonea e con l’ausilio di un esperto psicologo che assume il ruolo di ausiliario di PG. Buona norma prevede che tale tipo di operazione avvenga in maniera tempestiva, ovvero a ridosso di una eventuale notizia di reato, e che sia condotta attraverso modalità non suggestive ne inducenti e nel rispetto della serenità del minore.
La figura del tecnico psicologo rimane quindi estremamente importante per la corretta rilevazione degli elementi di prova e richiede una stretta integrazione con le mentalità e le prassi giudiziarie. Uno psicologo o un neuropsichiatra infantile, anche con vasta esperienza clinica, potrebbero non possedere le qualità e le capacità che questo particolare compito richiede. Il professionista giusto in questo caso è uno specialista psicoforense, possibilmente ulteriormente perfezionato in psicologia della testimonianza minorile, attento a scongiurare il rischio di domande suggestive o indagini verificazioniste, che danno cioè come sicuramente avvenuto l’abuso ancor prima di una obbiettiva indagine.
Quale luogo idoneo pare opportuno individuare uno spazio neutro, accogliente, al meglio con dei giocattoli o elementi utili alla familiarizzazione e a creare una atmosfera positiva. Essenziale rimane inoltre la presenza di device atti alla audio-video registrazione come anche alla partecipazione di altri soggetti in modalità differita. Tipica è la strutturazione con specchio unidirezionale che cela al minore la presenza delle spesso numerose figure coinvolte (avvocati, imputati, cancellieri, CTP, ecc).
In merito alla conduzione dell’intervista ricordiamo che essa non ha una finalità clinica. L’obiettivo rimane raccogliere tutte le informazioni utili sui presunti reati. L’aiuto dell’esperto sta nel facilitare il racconto del minore, evitando il rischio di suggestioni e induzioni, evitando atteggiamenti preconcetti o bias che potrebbero alterare gli elementi di prova. Al meglio si raccomanda l’utilizzo di protocolli di intervista standardizzati e costruiti secondo modelli semistrutturati.
Circa eventuali informazioni preliminari da fornire al minore si ricordi che al di sotto dei 14 anni non sussiste alcun obbligo di giuramento ma rimane comunque buona norma spiegare al minore che dovrà essere sincero, che dovrà esporre solo quello che ricorda e che può correggere l’intervistatore qualora lo stesso abbia mal compreso degli elementi.
Una questione a parte è rappresentata dall’uso delle c.d. bambole anatomiche che, se da una parte possono facilitare il superamento della vergogna del minore nell’esplicitare apertamente fatti e particolari che può considerare volgari, disdicevoli o che ha mal compreso, dall’altra possono creare soprattutto in bambini di tenera età una sovrapposizione tra situazioni fantastiche e dato reale.
In conclusione si osserva che il codice di procedura penale non dettaglia le prassi da seguire durante questo tipo di incidente probatorio, rimandando indirettamente ai protocolli di buona pratica proposti dalla letteratura internazionale. Vista quindi la delicatezza della materia trattata rimane oltremodo indicato l’ancoraggio della procedura a metodologie il più possibile evidence based, in grado di garantire una corretta rilevazione degli elementi probatori, come anche la preparazione specifica dei tecnici psicologi coinvolti che, di concerto con gli attori del mondo giudiziario, sappiano garantire il rispetto del contraddittorio e il diritto di difesa.